sabato 19 maggio 2012

LA POPOLAZIONE OMOSESSUALE NELLA SOCIETA' ITALIANA


Una recente indagine dell’ISTAT, la prima indagine statistica nel suo genere, effettuata su 7.725 famiglie è stata presentata dal presidente dell’ISTAT, Enrico Giovannini, giovedì u.s. presso la Camera dei Deputati alla presenza dell’On. Gianfranco Fini, in occasione della Giornata Internazionale contro l'Omofobia.
Tale indagine costituisce un tassello di assoluta novità nel suo genere ed offre una fotografia interessante del nostro paese e delle convinzioni degli italiani in tema di omosessualità, omofobia, discriminazione e matrimonio gay.

Di seguito i dati emersi così come pubblicati sul sito dell’ISTAT (http://www.istat.it/it/archivio/62168)

Il 61,3% dei cittadini tra i 18 e i 74 anni ritiene che in Italia gli omosessuali sono molto o abbastanza discriminati, l'80,3% che lo sono le transessuali.

Generalizzata appare la condanna di comportamenti discriminatori: il 73% è in totale disaccordo con il fatto che non si assuma una persona perché omosessuale o non si affitti un appartamento per lo stesso motivo. D'altra parte, che persone omosessuali rivestano alcuni ruoli crea problemi a una parte della popolazione: per il 41,4% non è accettabile un insegnante di scuola elementare omosessuale, per il 28,1% un medico, per il 24,8% un politico.

Il 74,8% della popolazione non è d'accordo con l'affermazione "l'omosessualità è una malattia", il 73% con "l'omosessualità è immorale", il 74,8% con "l'omosessualità è una minaccia per la famiglia". Al contrario, Il 65,8% è d'accordo con l'affermazione "si può amare una persona dell'altro sesso oppure una dello stesso sesso: l'importante è amare".

La maggioranza dei rispondenti ritiene accettabile che un uomo abbia una relazione affettiva e sessuale con un altro uomo (59,1%) o che una donna abbia una relazione affettiva e sessuale con un'altra donna (59,5%). Tuttavia, il 55,9% si dichiara d'accordo con l'affermazione "se gli omosessuali fossero più discreti sarebbero meglio accettati", mentre per il 29,7% "la cosa migliore per un omosessuale è non dire agli altri di esserlo".

La maggioranza dei rispondenti (62,8%) è d'accordo con l'affermazione " è giusto che una coppia di omosessuali che convive possa avere per legge gli stessi diritti di una coppia sposata". Il 43,9% con l'affermazione "è giusto che una coppia omosessuale si sposi se lo desidera". Maggiore è la contrarietà nei confronti dell'adozione dei figli (solo circa il 20% è molto o abbastanza d'accordo con la possibilità di adottare un bambino).

Circa un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale, più tra gli uomini, i giovani e nell'Italia centrale. Altri due milioni circa hanno dichiarato di aver sperimentato nella propria vita l'innamoramento o i rapporti sessuali o l'attrazione sessuale per persone dello stesso sesso.

Forti difficoltà emergono per gli omosessuali/bisessuali in famiglia. Circa il 20% dei genitori sa che i loro figli vivono una tale condizione. Il dato è più alto per i fratelli (45,9%), i colleghi (55,7%) e soprattutto gli amici (77,4%).

Gli omosessuali/bisessuali dichiarano di aver subito discriminazioni a scuola o all'università, più degli eterosessuali (24% contro 14,2%) e così anche nel lavoro (22,1% contro il 12,7%). Un altro 29,5% si è sentito discriminato nella ricerca di lavoro (31,3% per gli eterosessuali).

Considerando tutti e tre questi ambiti, il 40,3% degli omosessuali/bisessuali dichiara di essere stato discriminato, contro il 27,9% degli eterosessuali. Si arriva al 53,7% aggiungendo le discriminazioni subite (e dichiaratamente riconducibili all'omosessualità/bisessualità degli intervistati) nella ricerca di una casa (10,2%), nei rapporti con i vicini (14,3%), nell'accesso a servizi sanitari (10,2%) oppure in locali, uffici pubblici o mezzi di trasporto (12,4%).

19 maggio 2012

foto: MorgueFile free photo

venerdì 6 aprile 2012

Per lo Stato Italiano: Lesbiche malate

Si è diffusa ieri la notizia che, secondo l’elenco ufficiale delle patologie e dei traumatismi cui si riferiscono INPS ed enti pubblici per la certificazione delle disabilità e delle invalidità (ICD-9-CM), il lesbismo sarebbe una “malattia”.
E’ l’Espresso che anticipa un articolo in cui denuncia tale “anomalia”, ed è subito polemica. Sul web la notizia si diffonde a macchia d’olio e su alcuni blog si legge un provocatorio invito alle lesbiche a mettersi in fila all’INPS per richiedere la pensione d’invalidità.
Arrivano forti critiche da Franco Grillini (IDV) che definisce il fatto “di una gravità inaudita, perché l’Italia non si è ancora adeguata all’elenco internazionale che aveva risolto questo problema cancellando definitivamente l’omosessualità dall’elenco delle patologie”. Anche la deputata del PD Paola Concia, lesbica dichiarata, s’indigna per la notizia e sostiene: “scoprire che per quello stesso Governo che sto sostenendo sono una ‘malata’ è a dir poco agghiacciante”.
La stessa deputata del PD avrebbe già chiesto al ministro Fornero di varare immediatamente un decreto legge con il quale poterci liberare di questa “vergogna”. Il ministro avrebbe replicato promettendo una sua immediata attivazione di concerto con il ministro della salute Balduzzi.
Secondo Anna Paola Concia, “il mancato adeguamento al modello ICD-10-CM, che da anni ha sostituito a livello internazionale il precedente ICD-9-CM in cui si classificava il lesbismo come disturbo ego-distonico e che scopriamo essere ancora in vigore nel nostro paese, è un fatto estremamente grave, che ci accomuna a quei paesi in cui l’omosessualità è considerata un reato perseguibile con la pena di morte”.
“Vorrei non dovermi vergognare di essere italiana e mi auguro davvero - conclude il deputato PD- che questa macchia che aleggia sulla nostra democrazia sia cancellata in tempi record”. (ANSA).

venerdì 16 marzo 2012

Sentenza storica della Corte di Cassazione


Solo due giorni fa il Parlamento Europeo aveva dato il suo benestare, seppur si tratti di una mera dichiarazione di principio, alle unioni omosessuali; il Parlamento Europeo ha dichiarato, infatti, inammissibile che alcuni governi "mettano in atto definizioni restrittive della definizione di 'famiglia' allo scopo di negare la protezione legale alle coppie dello stesso sesso e ai loro bambini".

Ieri la Corte di Cassazione ha fatto un ulteriore passo avanti riconoscendo che la diversità di sesso non è più “presupposto indispensabile” del matrimonio.
Il caso è quello di una coppia di omosessuali di Latina che avevano, nel 2002, contratto matrimonio in Olanda. Avevano poi richiesto la trascrizione del certificato di nozze come atto pubblico al loro comune di residenza; a seguito del rifiuto da parte del comune di Latina avevano tentato, senza successo, ricorso al Tribunale ed alla Corte d’Appello di Roma.
La Cassazione, con la sentenza di ieri, pur rigettando la richiesta di trascrizione del certificato matrimoniale, motiva la sua decisione in oltre settanta pagine dalle quali emerge l’incompatibilità della richiesta con l’ordinamento giuridico italiano, ma in cui si precisa che alla relazione stabile di una coppia dello stesso sesso debbano essere riconosciute le stesse tutele proprie della vita familiare al pari di una qualunque coppia eterosessuale.

I risvolti sociologici di questa sentenza storica potranno dare dei frutti solo con il tempo. Mi sembra, tuttavia, un buon inizio per una “normalizzazione psicologica” della condizione omosessuale.  

venerdì 2 marzo 2012

Sedicente mago che cura i gay

Nella puntata de "Le Iene" di ieri, 1 marzo 2012, Niccolò Torielli ha smascherato un sedicente mago di Pozzallo (RG) che sostiene di poter curare i gay.
L'importanza sociale di servizi di questo genere è, a mio parere, oltre a quella più evidente ed immediata di denunciare dubbi personaggi che esercitano abusivamente professioni sanitarie (il mago di Ragusa si presenta anche come psicologo) e perpetuano vere e proprie truffe, è quella di diffondere una cultura dell'omosessualità come condizione di normalità. Nel servizio è stato, infatti, più volte sottolineato che l'omosessualità non è una malattia e non va curata. Questo può sembrare banale ad alcuni di noi ma, spesso, il contesto familiare e/o sociale di riferimento offre un'immagine deformata di questa particolare realtà che impedisce al giovane omosessuale di completare un training individuativo che gli consenta di vivere con serenità la propria omosessualità; forse non è un caso se ancora oggi esistono mascalzoni come il mago del servizio che offrono le loro "prestazioni di cura" a persone che chiedono di essere guarite.
La televisione, il mezzo di comunicazione di massa senza dubbio più diffuso, seguito e, quindi, potente, può contribuire ad estirpare le false credenze che ancora esistono sull'omosessualità e a diffondere una vera e propria cultura della normalità. Purtroppo, invece, molto spesso la TV media un'immagine della persona omosessuale, gay o lesbica, al limite della caricatura. Ben vengano i servizi come questo che condannano invece i "nemici" della diversità in tutte le sue forme.


martedì 14 febbraio 2012

Curare i gay?



Lo psichiatra e psicoterapeuta Paolo Rigliano ha definito "storico" il Consiglio del maggio del 2010 in cui l'Ordine degli Psicologi della Lombardia ha assunto una posizione chiara sulle cosiddette "terapie riparative dell'omosessualità" dichiarandole incompatibili con il Codice Deontologico.
A detta dello stesso Rigliano, tale Consiglio è stato ispiratore per la realizzazione del suo nuovo saggio, scritto insieme a due psicoterapeuti, Jimmy Ciliberto e Federico Ferrari.
 
Il libro, dal titolo "Curare i gay?" edito da Cortina, denuncia gli "psico-integralisti" che pretendono di curare i gay usando metodi non scientifici e inefficaci, se non addirittura dannosi; denuncia le terapie riparative che tentano di trasformare la psicoterapia in una teopsicologia.
"Tutte le strategie che presumono di poter cambiare l'orientamento omosessuale in eterosessuale sono un elemento cruciale dei movimenti fondamentalisti religiosi: per quel loro viscerale rifiuto delle forme plurali che declinano il desiderio in modi infiniti di essere e di amare": queste le parole di Rigliano in un'intervista rilasciata a Repubblica l'8 febbraio 2012.Nella stessa intervista Rigliano spiega che ci sono due gruppi, fautori delle terapie riparative il cui guru, ricordiamo, è lo psicologo statunitense Joseph Nicolosi. Il primo gruppo, di matrice religiosa, è composto da accesi sostenitori di un Ordine naturale sacro, fissato per l'eternità da Dio, che impone un'unica forma assoluta di identità maschile e femminile; si tratta di nemici del cambiamento, nemici delle verifiche scientifiche, nemici delle teorie evoluzioniste e anche dell'emancipazione femminile negando, quindi, il messaggio evangelico dell'accoglienza e della valorizzazione dei diversi.
Il secondo gruppo è invece di natura laica; fa riferimento ad anacronistiche teorie psicoanalitiche di stampo omofobico. Si tratta di teorie rigide, deterministiche, ormai rigettate dalla stragrande maggioranza dei professionisti della salute mentale perché infondate scientificamente; sono quelle stesse teorie cui si rifanno i terapeuti riparativi di matrice religiosa.

Nel saggio gli autori propongono un modello di accoglienza in psicoterapia delle persone omosessuali; un modello basato su evidenze scientifiche che, nel rispetto dei diritti umani, mira alla valorizzazione; un modello valido per ogni rapporto di cura. Si tratta inoltre del primo testo che consente profonde riflessioni sull'integrazione tra fede, valori e identità omosessuale per i gay credenti.

mercoledì 25 gennaio 2012

PSICHIATRA: "OMOSESSUALI ANORMALI. CAUSE ORGANICHE ALL'ORIGINE DELLA LORO SITUAZIONE"

La comunità gay si infiamma per alcune affermazioni dello psichiatra e criminologo Francesco Bruno che aveva rilasciato un’intervista sul blog di Pontiflex, punto di ritrovo del mondo cattolico.
In tutta onestà, leggendo anche la replica alle polemiche rilasciata in un’intervista successiva  , pur NON condividendo le posizioni di Francesco Bruno, debbo riconoscere che le critiche sollevate mi sembrano abbastanza esagerate. Credo che, almeno su alcuni punti, ci sarebbe da fare qualche riflessione di approfondimento.
Il medico e docente universitario, spesso ospite di salotti televisivi, ha sostenuto, e ribadito nella seconda intervista, il suo punto di vista che può essere sintetizzato nei seguenti punti:
-          L’omosessualità sarebbe uno stato di “anormalità” e deriverebbe da un disturbo di personalità legato, probabilmente, ad una errata assimilazione dei ruoli genitoriali o a cause organiche “che sarebbe complicatissimo spiegare” (???).
-          Disaccordo con l’OMS per aver derubricato l’omosessualità dalle malattie.
-          I genitori di persone omosessuali restano traumatizzati dall’orientamento sessuale dei figli.
Non condivido, come precisato, tali punti di vista; tuttavia va precisato che se per “anormalità” si intende una deviazione dalla norma statistica, come Bruno ha specificato, non credo che ci siano motivi di indignazione sufficienti da parte della comunità gay. Del resto anche i pittori, gli scrittori, i premi Nobel … hanno qualità che si discostano dalla norma statistica. Possiamo, quindi, anche in questi casi parlare di “anormalità”. Quello su cui mi piacerebbe, invece, un po’ più di chiarezza sono le cause organiche “che sarebbe complicatissimo spiegare”. Non mi risulta che al momento ci siano prove scientifiche a favore della visione organicista o cromosomica dell’omosessualità.
Sul fatto di non avallare la decisione dell’OMS di eliminare l’omosessualità dalle malattie internazionali (decisione presa circa vent’anni fa!) lascio ad ognuno la libertà di pensare quanto crede; tuttavia non posso fare a meno di notare una certa contraddizione in termini quando, nella seconda intervista, lo psichiatra precisa che continua ad avere le sue riserve al riguardo. Avere delle riserve su tale questione equivale a dire che l’omosessualità dovrebbe, invece, essere ancora considerata una malattia; ma se Bruno la intende così come può affermare solo qualche riga prima:  “Io […] non ho mai parlato di malattia per i gay”?
Sui genitori di gay e lesbiche non posso che condividere il punto di vista di Francesco Bruno. Sono certo che nella maggioranza dei casi, ancor oggi, scoprire di avere un figlio o una figlia omosessuale genera un trauma nei genitori. Spesso c’è un vissuto di inadeguatezza del ruolo genitoriale ricoperto, spesso sopraggiunge un senso di colpa per aver “generato” un figlio con un diverso orientamento, altre volte c’è la difficoltà a confrontarsi con i tabù dell’ambiente sociale di appartenenza, talvolta c’è un rifiuto anche violento nell’accettazione di una condizione che non viene apertamente accettata e condivisa da tutti. E’ senza dubbio un trauma che può essere elaborato e superato; tuttavia è un aspetto che non può essere ignorato.
Del resto se un “addetto ai lavori” come il professor Bruno non si preoccupa di dichiarare che “un’eccessiva tolleranza verso stati di anormalità, e l'omosessualità tale va considerata, ci porta alla conclusione che la gente si confonda e non capisca più cosa è il bene e che cosa è il male”, non c’è da sorprendersi se l’accettazione di un figlio omosessuale sia un passaggio molto difficile e delicato, soprattutto laddove il sentimento comune è impregnato da falsi stereotipi culturali e sociali.

venerdì 20 gennaio 2012

Arcigay promuove la campagna "Storie - racconti di ordinaria diversità"

L'incontro tra Arcigay e Draftfcb ha dato il via a una campagna nazionale di sensibilizzazione sul tema della "diversa normalità" che vivono oggi in Italia molti omosessuali. Il presidente di Arcigay, Paolo Patanè, sottolinea quali siano le principali aspettative della campagna: risolvere i dubbi che molti eterosessuali hanno nel confrontarsi con gay e lesbiche e aiutare molti omosessuali che ancora hanno il terrore di raccontarsi serenamente.

I testimonial sono stati scelti tra la gente comune attraverso una campagna di street casting: si tratta di due mamme, di una ragazza lesbica e di un professionista gay.

L'obiettivo che si vuole raggiungere è quello mostrare e narrare, senza stereotipi, la serenità che molti omosessuali vivono oggi; una serenità fatta di una vita uguale a molte altre, di affetto, lavoro, amici e famiglia.

Il sito http://www.diversamenteuguali.org/ ha uno spazio per commentare e inviare le proprie video-storie, un modo per alimentare la discussione intorno ai temi più comuni che riguardano il mondo omosessuale, dal coming out in famiglia, agli affetti al lavoro.

per approfondimenti - fonte: http://www.gaynews.it/articoli/Primo-piano/87680/Al-via-campagna-Arcigay-Diversamente-uguali-La-pubblica-anche-Il-Giornale.html